Raoul Bova In Il nuotatore di Auschwitz
Ispirato alla vera storia di Alfred Nakache
e al libro “Uno psicologo nei lager” di Viktor E. Frankl
Adattamento e regia – Luca De Bei
Disegno Luci – Marco Laudando
Contributi video- Marco Renda
Musiche originali – Francesco Bova
Aiuto regia – Barbara Porta
Costumi – Francesca Schiavon
Alfred Nakache era un nuotatore francese di origine ebraica, detentore di un record mondiale. Ad Auschwitz era il detenuto numero 172763. Nonostante la prigionia e le inaudite privazioni, non ha mai smesso di allenarsi tuffandosi nell’acqua gelida di un bacino idrico. La sua forza, la sua incrollabile determinazione, gli hanno permesso di attraversare l’orrore del campo e di salvarsi. Tornato poi a gareggiare, ha ottenuto un nuovo record e ha partecipato alle olimpiadi di Londra. Ad Auschwitz è stato internato anche Viktor Frankl, uno psichiatra austriaco che, subito dopo la liberazione, ha scritto un libro sull’esperienza vissuta e su coloro che, proprio come Nakache, sono riusciti a superare quella prova terribile. Lo spettacolo vuole restituire queste due figure straordinarie che comunicano a tutti noi un messaggio di speranza: vivere è certo anche sofferenza, ma cercare un senso a questa sofferenza guardando verso il futuro con uno scopo è il modo per affrontare le sfide più dure che la vita ci presenta. In questo modo è possibile arrivare, infine, a scoprire il senso stesso dell’esistenza.
NOTE DI REGIA
Nella messinscena di questa vicenda – cupa e luminosa assieme – ho costruito lo spettacolo attorno alla figura carismatica di Raoul Bova.
È lui che con grande generosità si fa tramite per raccontare la storia del famoso nuotatore francese Alfred Nakache e dello psicanalista austriaco Viktor Frankl, entrambi rinchiusi ad Auschwitz. Raoul dialoga col pubblico, forte anche delle sue stesse esperienze di atleta, portando alla vicenda la propria sensibilità e il proprio vissuto. La scena attorno a lui si fa essenziale, composta principalmente da linee di luci disegnate da Marco Laudando e che diventano simbolo di corsie in piscina, di rotaie che trasportano anime cariche di dolore per assurgere infine a fughe prospettiche in una tensione verso l’ignoto, l’assoluto, la ricerca di una spiritualità quanto mai necessaria nel tentativo di sopravvivere alla brutalità del lager. La scena si arricchisce poi delle immagini filmate da Marco Renda che immergono lo spettatore in spazi astratti eppure materici e poetici, in un bianco e nero essenziale, luoghi non-luoghi che sono specchi dell’anima. Ancora, lo spettacolo si avvale delle musiche originali di Francesco Bova che costruiscono tappeti sonori ricchi di palpiti e di rimandi, che avvolgono e a volte spiazzano gli spettatori, sempre però con l’intento di coinvolgere ed emozionare. Perché, se la storia di un internato ad Auschwitz ci riporta inevitabilmente alle tante testimonianze ascoltate fino ad oggi, è vero che quella del nuotatore Nakache si distacca da queste per diventare in special modo emblema di una resistenza portata avanti e raggiunta con coraggio e caparbietà. Una figura che per emergere appieno ha però bisogno del suo “doppio” – lo studioso Frankl, – che analizza e teorizza ciò che l’istintivo Alfred pone in atto in modo istintivo. In questa visione Alfred e Viktor sono uno lo specchio dell’altro, sono le due facce di una stessa medaglia e si fondono in un’esperienza capace di dare agli spettatori il senso ultimo dell’esistenza.